Lucia e Alessio raccontano: la nostra Bolivia

Siamo partiti il 27 agosto 2019 alla volta della Bolivia.

Il gruppo era costituito da Anna Maria (la fondatrice della Casa Estudiantil sostenuta dall’Associazione ColomItalia di Vicenza), Don Alessio Graziani della Parrocchia di Lisiera e 3 giovani, Mattia, Alessio e Lucia. Dopo un viaggio aereo di ben 15 ore, siamo arrivati alla nostra prima tappa: la città di Cochabamba (m.2560). Qui siamo rimasti 3 giorni per ambientarci e adattarci al clima. L’altitudine richiede di rallentare i propri ritmi e questo ci ha permesso di entrare maggiormente nella vita boliviana.

 

Nei giorni seguenti ci siamo inoltrati a scoprire l’antica cultura Inca e le sue tradizioni, ancora molto forti soprattutto nei popoli delle periferie, ovvero i più poveri e arretrati culturalmente.

Nel 1500 circa, con l’arrivo degli spagnoli, l’impero Inca che popolava quelle terre era alla sua massima espansione e stava assorbendo tutte le tribù locali. Il loro profondo attaccamento alla madre terra (“Pachamama”), alla cultura quechua, ai riti legati ai cicli delle stagioni ed ai ringraziamenti e richieste fatte alle divinità della natura, sono ancora oggi molto sentite e vissute parallelamente alla fede cattolica.

 

 

Durante il nostro viaggio abbiamo potuto conoscere da vicino cosa ha rappresentato per questi popoli entrare in contatto con noi europei , come questo sia visto e come si ripercuote tutt’oggi.

Se da un lato il contatto con gli spagnoli ha portato maggior cultura, medicinali ed evoluzione della società, dall’altro lato è stato teatro di un profondo sfruttamento degli indigeni.

Abbiamo visitato, infatti, le miniere del monte Cerro Rico a Potosì (m. 4000), la città più alta del mondo, dove ancora oggi l’estrazione di argento e altri metalli assicura lavoro a molte persone, tra cui anche giovani minorenni.

Questa città nel 1600 è stata anche la più popolata della Terra: gli spagnoli, una volta scoperti i suoi ricchi giacimenti d’argento, hanno schiavizzato indios e schiavi africani potati da oltreoceano, facendoli lavorare in turni da 7 mesi nelle profondità delle miniere. Si dice che con tutto l’argento estratto sia stato possibile finanziare tutto il Rinascimento europeo, al costo di circa 7 milioni di morti.

 

 

 

 

 

 

Durante il nostro viaggio abbiamo anche scoperto le bellezze naturali della Bolivia.

Prima fra tutte il Salar de Uyuni, il deserto di sale che si estende per 11.000 km quadrati e creato in seguito al prosciugamento di un lago preistorico. Abbiamo potuto attraversarlo nella sua interezza in una jeep, grazie alla compagnia Tusoco, che si occupa di turismo responsabile, ovvero affida il lavoro a Boliviani provenienti dallo stesso territorio per fare da guide turistiche alle persone in visita in quei posti .

 

Questa ed altre meraviglie del territorio, che potrebbero portare la Bolivia ad essere un Paese molto vissuto turisticamente (come è ad esempio il Perù), si contrappongono all’estrema povertà di gran parte della popolazione. Nonostante Paesi come il Venezuela o il Cile abbiano sofferto maggiormente la crisi economica del 2008, vi è ancora in Bolivia un profondo divario tra i pochi fortunati delle grandi città e chi risiede nei villaggi di montagna o della foresta. Queste popolazioni più povere si stanno spostando sempre più verso le poche grandi città, determinando la nascita di periferie molto popolate, tra case di fango e paglia. Solo da poco tempo il governo boliviano sta sostituendo questi materiali, che portano a malattie e batteri, con i mattoni.

 

In queste condizioni, come spesso capita, a pagare il prezzo più alto sono i bambini.

L’istruzione in Bolivia sembra essere ancora qualcosa di riservato alle famiglie più privilegiate, che possono permettersi di non far lavorare i figli già da giovanissimi. La possibilità di avere dei pasti assicurati tramite il Ministero dell’Istruzione riesce a spingere le famiglie a mandare a scuola i figli, i quali spesso devono percorrere anche 2-3 ore a piedi per andare e tornare. Il governo incentiva la frequenza scolastica anche attraverso un bonus economico destinato ai ragazzi, anche se molto spesso viene intascato e speso dai genitori per i proprio vizi e non messo da parte per i figli.

Tuttavia verso gli 8-9 anni , quando per frequentare la scuola è necessario pagare delle piccole cifre, molte famiglie rinunciano all’istruzione dei propri bambini. Le bambine rimangono a coltivare e tenere la casa mentre i maschi cominciano i loro primi lavori.

Durante la nostra permanenza a Sucre abbiamo avuto l’occasione di incontrare Fernando, un lustrascarpe di 9 anni. Ci ha raccontato un pochino la sua storia: la povertà in cui vive non gli permette più di andare a scuola, perché non ha soldi per comprarsi i libri, uno zainetto e tutto il materiale che serve. Fa’ quindi il lustrascarpe per strada pulendo le calzature ai più ricchi, un lavoro quasi umiliante, per aiutare la sua famiglia.

 

Tutto questo viaggio e questi incontri sono stati la base necessaria per comprendere a pieno un progetto come “Casa Estudiantil”, ultima tappa del nostro intenso viaggio, sostenuta dall’associazione di Vicenza chiamata Colomitalia.

Colomi è un paese che dista un’ora di auto da Cochabamba, situato tra le montagne a 3.300 m. , su di una zona che fa da valico per poi ridiscendere verso la foresta e le campagne.

A Colomi è presente una scuola pubblica, ma sarebbe impossibile per chi vive nei villaggi più lontani frequentarla, dato che dista anche 8-10 ore a piedi. Da qui l’idea di creare una struttura, la Casa Estudiantil appunto, che possa ospitare tutto l’anno ragazze in età scolare, per permettere loro di conseguire la maturità a Colomi.

Concluso questo percorso hanno la possibilità di uscire e scegliere il proprio futuro: proseguire con l’università per chi di loro lo desidera o trovare un lavoro. Le studentesse quindi vivono nella Casa tutto l’anno scolastico e tornano nei loro villaggi solo per le vacanze o in occasioni particolari.

Ma la Casa Estudiantil non è solo un luogo di accoglienza che fornisce vitto e alloggio. E’ un progetto rivolto ad una fascia ancora molto fragile della popolazione boliviana, che soffre della mancanza di istruzione: le giovani donne.

La concezione della donna in Bolivia, infatti, è ancora molto arretrata: il suo ruolo è ancora unicamente quello legato alla cura della casa, alla crescita dei figli e alle coltivazioni. Viene spesso considerata dagli uomini un po’ “usa e getta”. In Bolivia è raro che avvengano matrimoni, l’uomo solitamente si lega ad una donna, spesso di età molto giovane, crea una famiglia e dei figli con lei e poi improvvisamente la abbandona per fuggire con un’altra. La stessa donna nel corso della vita trova un altro compagno, il quale spesso tende a violentare le figlie nate dal precedente rapporto, in quanto non sue.

 

Alle ragazze dei villaggi viene fatto credere che se non concepiscono il primo figlio a 13/14 anni poi non potranno più averne. Queste ed altre convinzioni fanno parte della mentalità e della cultura boliviana che la Casa Estudiantil sta cercando di combattere, al fine di non considerarle più “la normalità” come invece è ancora oggi.

Nelle grandi città ora è possibile vedere ragazze e donne che frequentano le università, che si laureano e iniziano a ricoprire ruoli importanti. Nelle periferie e nei piccoli villaggi questo è quasi impensabile.

Ecco che la possibilità di scegliere il proprio futuro grazie al percorso educativo fatto a Casa Estudiantil non è più così scontato, come lo è nel nostro quotidiano Italico e nella nostra mentalità, ma rappresenta per loro un forte simbolo di riscatto e soprattutto un diritto e non una fortuna o un privilegio, come tutte le ragazze ancora pensano.

E’ un luogo dove imparano cosa vuol dire davvero amare ed essere amate, a costruire la base della loro identità.

Molte ragazze poi sono riuscite a trovare lavoro o a frequentare l’università, a formare una famiglia e a crearsi una vita stabile, aiutando anche come possono la Casa che le ha ospitate quando erano più giovani.

 

Durante la nostra breve permanenza abbiamo potuto conoscere un pochino le ragazze e capire la loro grande riconoscenza, la fame di conoscenza e la voglia di cambiare le cose.

Da questo viaggio ci portiamo a casa molti insegnamenti: primo fra tutti una nuova rivalutazione della condizione della nostra vita, confrontata con la loro. Le comodità, il “tutto e subito”, i mille impegni e i ritmi frenetici con cui ci imponiamo di vivere, spesso non permettono di cogliere la parte essenziale: la possibilità di assaporare la Bellezza di ciò che facciamo, pensiamo o crediamo.

Infine, un grande riconoscimento va alla Casa Estudiantil: la potenza di questo progetto non sta solo nel cambiare la vita di molte giovani donne che passano per di lì, ma anche nel far sì che queste stesse donne, una volta cresciute, possano arrivare a cambiare il piccolo paese di Colomi, i paesi limitrofi e arrivare addirittura a cambiare la società intera della Bolivia. Quindi possiamo affermare che i destinatari e i beneficiari di questo progetto, pur essendo piccolo, sono davvero innumerevoli!

Ci portiamo nel cuore non solo nuovi valori da guardare da un’altra prospettiva, ma anche la possibilità di aver contribuito in minima parte a risollevare questo Paese, con la consapevolezza che da qui parte il nostro impegno per “dare voce a chi non ha voce”.

Grazie Bolivia!